Alle Capre!

Per curare al meglio questo blog, dovrei essere una critica d' arte, una critica letteraria, una cinefila e critica musicale. Non sono nessuno tra tutti questi. Ma posso assicurare di conoscere il mio stile di vita e ve lo mostrerò!

mercoledì 12 dicembre 2012

Dio è il segreto occulto dell'universo-Cit. Il ladro di corpi. Anne Rice


«Dio è il segreto occulto dell'universo», replicò David con fare meditabondo, quasi come se ci stesse
riflettendo. Coi tratti del volto distesi e quasi ringiovaniti, fissava il bicchiere che teneva
in mano, forse
apprezzando il modo in cui la luce si rifrangeva nel cristallo, non saprei. Dovetti aspettare che riprendesse
a parlare.
«Credo che la risposta possa trovarsi nella Genesi. Lo penso davvero», disse infine.
«David, mi sorprendi. Stiamo parlando di pezzi mancanti, e la Genesi non è altro che un pugno di
frammenti.»
«Sì, ma parlare di frammenti è tutto quello che ci rimane, Lestat. Dio ha creato l'uomo a sua immagine e
somiglianza, e io ho il sospetto che la chiave sia qui. Nessuno sa che cosa ciò significhi
davvero, lo sai.
Gli ebrei ritenevano che Dio non fosse un uomo.
»
«E come può essere questa, la chiave?»
«Dio è una forza creativa, Lestat, come lo siamo noi. Lui ha detto a Adamo: 'Crescete e moltiplicatevi'.
E questo è proprio ciò che hanno fatto le prime cellule: sono cresciute, moltiplicandosi. Non hanno
soltanto cambiato forma: sono riuscite a replicare
se stesse. Dio è una forza creativa. Lui ha creato
l'intero universo
come sua diretta emanazione, servendosi della divisione cellulare. Ecco perché i diavoli
- gli angeli malvagi, intendo - sono
così pieni d'invidia. Loro non sono creativi, non possiedono né
corpo né cellule: sono spiriti. Anzi credo che non si sia trattato
solo d'invidia, ma di una sorta di
diffidenza... I demoni hanno ritenuto che Dio stesse facendo un errore nel creare, con Adamo,
un altro
organismo creativo così simile a lui. A mio parere, quegli angeli nutrivano già qualche perplessità nei
confronti dell'universo
fisico e delle sue cellule replicanti... E dunque hanno visto come un vero oltraggio
la presenza di esseri, dotati di ragione
e di parola, che potevano crescere e moltiplicarsi. È stata quella,
la loro colpa.»
«Così tu stai dicendo che Dio non è puro spirito.»
«Dio ha un corpo, l'ha sempre avuto. Il segreto della vita per divisione cellulare si trova in Dio e tutte le
cellule viventi hanno dentro di loro una piccola parte del suo spirito. È questo, Lestat, il pezzo mancante,
ciò che ha dato inizio alla vita, separandola dalla non-vita. Proprio come la tua genesi di vampiro: ci hai
raccontato
che lo spirito di Amel, un'unica entità malvagia, ha infuso
i corpi di tutti i vampiri... Ebbene,
gli uomini condividono lo spirito di Dio nello stesso modo.»
«Accidenti, David, stai uscendo di senno. Noi siamo mutanti!
»
«Certo, ma voi esistete nel nostro universo e la vostra mutazione
rispecchia la nostra. Altri, inoltre,
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hanno sostenuto la medesima
teoria: Dio è il fuoco e noi siamo tutti minuscole fiamme che, quando
muoiono, tornano a fare parte del fuoco di Dio. Ma la cosa importante è rendersi conto che Dio stesso è
Corpo e Anima. La civiltà occidentale è stata fondata su un ribaltamento. È tuttavia mia convinzione che,
nel nostro agire quotidiano, noi conosciamo e onoriamo la verità. Solo quando parliamo di religione
affermiamo che Dio è puro spirito, che sempre lo è stato e sempre lo sarà, mentre la carne è male. La
verità sta proprio nella Genesi. Il Big Bang, Lestat, non è stato altro che la prima divisione
delle cellule
di Dio.»
«Questa è davvero una teoria affascinante, David. E Dio ne è rimasto sorpreso?»
«Lui no, ma gli angeli sì. Parlo seriamente. E l'aspetto superstizioso
della teoria sta nella convinzione
religiosa che Dio sia perfetto. Non lo è.»
«Che sollievo», dissi. «Ciò spiega molte cose.»
«Ti stai facendo beffe di me. Non te ne faccio una colpa. Ma hai ragione: questo spiega ogni cosa. Dio
ha fatto molti, moltissimi
errori, come lui stesso di certo saprà! E sospetto che gli angeli abbiano tentato
di metterlo in guardia. Il Diavolo divenne il Diavolo perché cercò di avvertirlo. Dio è amore, ma non sono
sicuro che sia un prodigio assoluto d'intelligenza.»
Stavo cercando di non ridere, però non ci riuscii. «David, se continui su questa strada, sarai colpito da
un fulmine.» «Sciocchezze. Dio vuole che comprendiamo tutto ciò.» «No, questo non lo posso
accettare.»
«Vuoi dire che accetti il resto?» Ridacchiò. «No, sono serio. La religione è primitiva nelle sue illogiche
conclusioni. Immagina
un Dio perfetto che tollera l'esistenza del Diavolo. No, questo non ha mai avuto
senso. Il grande errore nella Bibbia è l'idea secondo
la quale Dio sia perfetto. Oltre alla mancanza
d'immaginazione
da parte degli antichi saggi, a tale equivoco va attribuita la responsabilità per ogni
domanda di carattere teologico sul bene
e sul male cui da secoli cerchiamo di trovare un'impossibile
risposta. Dio è buono, comunque, mirabilmente buono. Sì, Dio è amore. Ma nessuna forza creativa è
perfetta. Questo è chiaro.» «E il Diavolo? Ci sono novità su di lui?» David mi guardò con un pizzico
d'impazienza. «Sei un essere così cinico», bisbigliò.
«No, non lo sono», replicai. «Voglio davvero sapere. Nutro un particolare interesse per il Diavolo, è
ovvio. Parlo di lui molto più spesso di quanto non faccia con Dio. Non riesco a comprendere
perché i
mortali lo amino tanto, voglio dire perché amino l'idea che hanno di lui. Però lo fanno.»
«Perché loro non credono in lui», disse David. «Perché un Diavolo perfettamente malvagio ha ancora
meno senso di un Dio perfetto. Prova a immaginare: il Diavolo non ha mai imparato nulla per tutto questo
tempo, non ha mai cambiato il suo pensiero
relativamente alla propria condizione. Un'idea simile è un
insulto
per la nostra intelligenza.»
«E allora qual è, secondo te, la verità che si nasconde dietro questa falsa certezza?»
«Lui non è irredimibile. Lui fa parte del piano di Dio. È uno spirito cui è concesso d'istigare e tentare gli
uomini. Siccome disapprovava
gli esseri umani e l'intero esperimento divino, non credeva che l'idea
potesse funzionare. Per come la vedo io, è stato
quello il motivo della sua 'cacciata'. Ma la chiave,
Lestat, è riuscire
a capire che Dio è sostanza! Dio è fisico, è il signore della divisione cellulare, la cui
proliferazione selvaggia il Diavolo detesta.
» Fece di nuovo una delle sue pause, mentre gli occhi gli si
dilatavano in un'espressione trasecolata. Poi continuò: «Ho anche
un'altra teoria riguardo al Diavolo».
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«Dimmela.»
«I diavoli sono più d'uno. E a nessuno di essi piace il compito che è stato assegnato loro», disse quasi in
un sussurro. Appariva distratto, come se volesse aggiungere qualcosa, ma non lo fece.
Proruppi in una schietta risata. « Questolo posso capire», replicai.
«Chi potrebbe gradire il ruolo del
Diavolo, convivendo col pensiero di non poter vincere? Considerando soprattutto che il Diavolo in
principio era un angelo e dunque ritenuto quasi perfetto.»
«Già.» Puntò il dito verso di me. «Ricordi la tua storia su Rembrandt? Il Diavolo, se avesse avuto un
cervello, avrebbe dovuto
riconoscerne il genio.»
«Come avrebbe dovuto riconoscere la bontà di Faust.»
«Ah, è vero, tu mi hai visto leggere il Faust ad Amsterdam, no? E di conseguenza ne hai acquistato
anche tu una copia.»
«Come lo sai?»
«Me l'ha detto il proprietario della libreria, il pomeriggio successivo:
uno strano giovane francese dai
capelli biondi era entrato
subito dopo che me n'ero andato, aveva comprato il medesimo
libro ed era
rimasto a leggerlo in strada per una mezz'ora. Quell'uomo non aveva mai visto una pelle più bianca. Di
certo eri tu.»
Scossi il capo e sorrisi. «Faccio cose così maldestre... È un miracolo
che qualche scienziato non mi
abbia ancora preso in trappola.
»
«C'è poco da scherzare, amico mio. Ti sei dimostrato molto incauto a Miami diverse notti fa: due vittime
interamente prosciugate
del loro sangue.»
Quell'ultima frase provocò in me un attimo di confusione, tanto che, sulle prime, non dissi nulla, poi
osservai soltanto come fosse sorprendente che la notizia lo avesse raggiunto fin da questa
parte
dell'oceano. Mi sentii sfiorare dall'ala oscura della vecchia
disperazione.
«I delitti bizzarri finiscono anche sui giornali internazionali», replicò. «Inoltre, il Talamasca riceve
resoconti di ogni genere. Abbiamo persone sparse in ogni città che raccolgono notizie e c'inviano
informazioni relative a tutti gli aspetti del paranormale. Killer vampiro colpisce due volte a Miami.
Sono state diverse le fonti da cui c'è giunta questa segnalazione.»
«Ma loro non credono davvero che si sia trattato di un vampiro,
lo sai.»
«No, però, se continui così, potrebbero arrivare a crederlo. Quando hai intrapreso la tua breve carriera
di rockstar volevi proprio questo: che loro capissero. Non è troppo difficile da comprendere. E poi c'è la
tua maledetta fissazione dei serial killer!
Te ne stai lasciando alle spalle una bella fila.»
Ciò davvero mi sorprese. La mia caccia agli assassini mi aveva portato a spaziare da un continente
all'altro. Non avevo mai pensato
che qualcuno potesse collegare tra loro morti disseminate un po'
ovunque, eccetto Marius, naturalmente. «Come sei arrivato
a capirlo?»
«Te l'ho detto. Nelle nostre mani passano sempre storie del genere. Satanismo, vampirismo, vudù,
stregoneria, avvistamenti di lupi mannari; tutto ciò arriva sulla mia scrivania. La maggior parte finisce nel
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cestino, è ovvio. Ma so riconoscere la verità, quando la vedo. E i tuoi delitti sono molto facili da
identificare.
È un po' che dai la caccia ai serial killer, lasciando poi i loro corpi... a disposizione, per così
dire. L'ultimo lo hai abbandonato
in un albergo, ed è stato trovato solo un'ora dopo la sua morte.
Quanto alla donna anziana, ti sei dimostrato ugualmente incauto!
Il figlio l'ha ritrovata il giorno dopo. E
su entrambe le vittime il coroner non ha riscontrato ferite. Tu a Miami sei una celebrità senza nome, che
oscura del tutto la notorietà del pover'uomo morto nell'albergo.»
«Non me ne importa un accidenti», dissi con rabbia. Ma non era vero. Deploravo la mia avventatezza,
anche se non facevo nulla per correggerla. Ebbene, dovevo cambiare. Quella notte, avevo forse fatto di
meglio? Mi sembrava vile addurre scuse per il mio comportamento.
David mi stava osservando con attenzione. Se c'era una caratteristica
dominante in lui, era la sua
prontezza. «Non è da escludere
una tua eventuale cattura», disse.
Mi abbandonai a una risata sprezzante.
« Potrebberoanche rinchiuderti in un laboratorio e metterti in un'avveniristica gabbia di vetro, per
studiarti.»
«È impossibile. Ma è una considerazione davvero interessante.
»
«Lo sapevo! Tu vuoi che accada.»
Alzai le spalle. «Potrebbe essere divertente per un po'... Ma no, dai, è davvero impossibile. La notte
della mia unica esibizione come cantante rock è accaduta una marea di cose strane. Eppure,
il mondo
mortale ha semplicemente chiuso il caso. Quanto alla vecchia di Miami, si è trattato di un orribile
incidente che non sarebbe mai dovuto accadere...» Mi fermai. Che ne era stato di quelli che erano morti
a Londra proprio quella notte?
«Ma a te piace uccidere», replicò. «Mi hai detto che è divertente.
»
Fui colto da un tale tormento che, all'improvviso, avvertii l'impulso di andarmene. Tuttavia avevo
promesso di non farlo. Mi limitai quindi a rimanere lì, a fissare il fuoco, pensando al deserto
dei Gobi,
agli scheletri delle grandi lucertole e al modo in cui il sole aveva colmato di luce il mondo intero. E a
Claudia. Sentii l'odore dello stoppino della lampada.
«Mi dispiace. Non volevo essere crudele con te», disse David.
«E perché no? Non riesco a immaginare una forma di crudeltà
più sottile. Inoltre, io non sono sempre
così gentile nei tuoi confronti.»
«Che cosa vuoi veramente? Quale passione ti tiene in suo potere?
»
Pensai a Marius e a Louis: entrambi mi avevano rivolto molte volte la stessa domanda.
«Cosa potrebbe redimere ciò che ho fatto?» chiesi. «Volevo fermare quell'assassino. Era una tigre
mangiatrice di uomini, era mio fratello, e io gli ho teso un'imboscata. Ma la vecchia, lei era una bambina
nella foresta, niente di più. Che importa, ormai?» Pensai alle infelici creature che avevo preso quella sera
stessa: nei vicoli bui di Londra, mi ero lasciato alle spalle un vero massacro. «Vorrei poter credere che
non avesse la minima importanza», ripresi.
«II fatto di salvare quella vecchia, intendo. Ma quale
beneficio
può portare un unico atto di pietà di fronte a tutto ciò che ho fatto? Se esistono un Dio o un
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Diavolo, io sono comunque dannato. Ora, perché non vai avanti col tuo discorso sulla religione?
La
cosa strana è che trovo molto consolante parlare di Dio e del Diavolo. Anzi raccontami qualcosa di più
sul Diavolo. Lui di certo è mutevole e scaltro. Deve inoltre provare qualche sensazione. Perché mai
dovrebbe rimanere immobile?»
«Già. Tu sai che cosa si dice nella Bibbia a proposito di Giobbe?
»
«Rinfrescami la memoria.»
«Ebbene, Satana è lassù, in paradiso insieme con Dio che gli chiede: 'Dove sei stato?' E Satana
risponde: 'In giro, sulla terra'.
È una normale conversazione. Cominciano quindi a parlare di Giobbe. Satana è convinto che la bontà di
Giobbe sia fondata interamente
sulla sua buona sorte, e Dio acconsente affinché Satana
tormenti
quell'uomo. Ecco la descrizione più vicina alla verità che possediamo. Dio non è a conoscenza di tutto e il
Diavolo è un suo buon amico. È tutto un esperimento. E quel Satana è ben lontano dall'essere il Diavolo
che noi universalmente riconosciamo
come tale.»
«Tu tratti queste teorie come se avessimo a che fare con esseri
reali...»
«Io penso che siano reali», disse con un filo di voce. Ripiombò
nei suoi pensieri, poi si scosse. «Voglio
raccontarti una cosa, anche se in realtà avrei dovuto confessarlo prima. Sono superstizioso
e religioso
come chiunque altro. Perché tutto questo si basa su una sorta di visione, su quel tipo di rivelazioni che
vanno
a influire sul pensiero. Capisci cosa intendo?»
«No. Io faccio sogni, ma senza rivelazioni... Spiegati, per favore.
»
Sprofondò di nuovo nelle sue fantasticherie, mentre guardava il fuoco.
«Non escludermi dai tuoi pensieri», mormorai.
«No, certo. Stavo solo pensando al modo in cui parlartene. Ebbene, tu sai che sono ancora un
sacerdote del Candomblé, ho la capacità cioè d'invocare forze invisibili: spiriti malefici, vagabondi
astrali, i poltergeist, comunque li si voglia chiamare... Ciò significa che da sempre ho avuto una
predisposizione a vedere gli spiriti.»
«Suppongo di sì...»
«Ebbene, una volta ho visto qualcosa, qualcosa d'inspiegabile. E non ero ancora andato in Brasile.»
«Dimmi...»
«Prima del Brasile, ne avevo quasi sminuito l'importanza. In effetti, si trattava di una cosa così
sconvolgente, così inspiegabile,
che ai tempi di Rio l'avevo ormai allontanata dalla mia mente. Tuttavia
adesso ci penso in continuazione. Non riesco a impedirmi
di farlo. Ed è per questo che mi sono rivolto
alla Bibbia, quasi per cercarvi un po' di saggezza...»
«Su, racconta.»
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«È successo a Parigi proprio prima della guerra. Mi trovavo lì con mia madre, seduto in un caffè della
rive gauche. Non ricordo il nome del locale... So soltanto che era un incantevole giorno di primavera e
che starsene a Parigi era un vero spasso, come dicono
tutte le canzoni. Stavo bevendo una birra, intento
alla lettura dei giornali inglesi, quando mi sono reso conto di aver intercettato
una conversazione.» Si
lasciò andare di nuovo ai suoi pensieri.
«Vorrei sapere che cos'è davvero accaduto», mormorò. Si
spinse in avanti sulla poltrona, raccolse l'attizzatoio e si mise a pungolare i ceppi, sollevando un
pennacchio di scintille ardenti sui mattoni anneriti.
Volevo disperatamente che riprendesse la storia, ma rimasi in attesa.
Alla fine continuò: «Ero in quel caffè, come ho detto...»
«Ti ascolto.»
«... quando mi sono reso conto di aver colto quello strano dialogo... che non si stava svolgendo né in
inglese né in francese né in nessun'altra lingua, come in realtà ho compreso a poco a poco. Eppure si
trattava di una lingua per me comprensibile. Ho ripiegato il giornale, cominciando a concentrarmi. Si
trattava di una sorta di discussione che si protraeva. D'un tratto non sono più riuscito a capire se le voci
fossero intelligibili nel senso convenzionale
del termine, non ero sicuro cioè che gli altri fossero in grado
di udirle! Ho alzato gli occhi e lentamente mi sono girato. Loro erano lì... Due individui seduti a un tavolo
che parlavano. Per un attimo mi è sembrata una normale conversazione. Allora sono tornato al mio
giornale, ma quasi subito sono stato colto da un senso di vertigine. Ho dovuto fermare la mia attenzione
su qualcosa, fissare prima il quotidiano poi il piano del tavolo, cercando
di far cessare quel capogiro. Il
frastuono del caffè rimbombava
come un'orchestra intera, quando mi sono girato di nuovo verso i due
individui. È stato allora che ho capito: quelli non erano esseri umani. Con uno sforzo, ho cercato di
mettere a fuoco la situazione. Li avevo guardati. Erano ancora lì e, con una certa angoscia, ho dovuto
ammettere che erano illusori, che non erano della stessa consistenza di ogni altra cosa. Capisci? Non
erano esseri illuminati dalla stessa luce, per esempio: si trovavano
in una dimensione rischiarata da
un'altra fonte luminosa.»
«Come la luce nei quadri di Rembrandt.»
«Sì, proprio così. I loro abiti e i loro volti apparivano più uniformi di quelli degli esseri umani. E questo
perché la visione nel suo insieme aveva una consistenza diversa, omogenea in tutti i suoi dettagli.»
«Loro ti hanno visto?»
«No. Voglio dire, non mi hanno guardato né hanno fatto caso a me. Erano assorti nella loro
conversazione e io sono riuscito a riprendere subito il filo del loro discorso. Era Dio che si rivolgeva
al
Diavolo, dicendogli che doveva continuare a svolgere il suo lavoro. Il Diavolo non voleva farlo e spiegava
che era durato già troppo a lungo, che gli stava accadendo la stessa cosa successa a tutti gli altri. Dio
diceva che capiva, ma che il Diavolo doveva sapere
quanto lui era importante, che non era così
semplice per lui sottrarsi ai suoi doveri; Dio aveva bisogno di lui e della sua forza. E tutto ciò si svolgeva
in modo molto amichevole.» «Che aspetto avevano?»
«Questa è la parte peggiore: non lo so. In quel momento ho visto due sagome vaghe, grandi, di sesso
maschile, o che comunque
avevano assunto quella forma, possiamo dire, e gradevoli a vedersi, senza
nulla di mostruoso, né di realmente fuori dell'ordinario.
Non mi ero reso conto della mancanza di
particolari come
il colore dei capelli, i tratti del viso e cose del genere. Le due figure sembravano
abbastanza complete, ma quando, in seguito, ho tentato di ricostruire l'accaduto, non sono riuscito a
ricordare nessun dettaglio! Credo che l'illusione non fosse così perfetta e che il senso di compiutezza che
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ne traevo derivasse da qualcos'altro.»
«Da che cosa?»
«Dal contenuto, dal significato...» «Loro non ti hanno visto, non sapevano che tu eri lì.» «Mio caro
ragazzo, loro dovevano sapere che io ero lì. Per forza! Loro devono aver fatto tutto quello proprio per
me! In quale altro modo avrei avuto la possibilità di assistere a un evento
del genere?»
«Non so, David. Forse non avevano intenzione di farsi vedere da te. Forse alcuni possono vedere e altri
no. Forse si era verificato un piccolo strappo nella struttura superficiale dell'altra dimensione,
quella cui
apparteneva qualsiasi altra cosa in quel
caffè.»
«Potrebbe essere andata così, anche se temo di no. Credo che ci fosse l'intenzione di farmi assistere alla
scena proprio perché essa sortisse qualche effetto su di me. E questa è la cosa orribile, Lestat: non ha
avuto un grande effetto.»
«In seguito a quell'evento non hai cambiato la tua vita.» «Oh, assolutamente no. Dopo un paio di giorni
ho cominciato
persino a dubitare di aver avuto quella visione. La cosa diventava ancora più incerta e
vaga ogni volta che raccontavo il fatto a qualcuno. Mi sono persino sentito dire che ero pazzo. No, non
ne ho mai fatto nulla.»
«E che cosa avresti dovuto fare? Che cosa si può fare dopo una rivelazione se non condurre una vita
retta? David, di certo tu hai parlato della visione ai tuoi confratelli del Talamasca.»
«Sì, certo. Ma è accaduto molto tardi, dopo il periodo brasiliano,
quando ho presentato le mie
memorie, come ogni buon membro dovrebbe fare. Ho raccontato loro l'intera storia, così com'era
avvenuta, naturalmente.»
«E loro che cos'hanno detto?»
«Lestat, il Talamasca non dice mai molto a proposito di nulla, questa è la realtà. 'Noi vigiliamo e siamo
sempre presenti.' Invero,
la decisione di parlarne con gli altri membri non è stata accolta
con particolare
favore. Se vuoi parlare degli spiriti del Brasile, otterrai udienza. Ma il Dio cristiano e il suo Diavolo? No,
temo che il Talamasca sia soggetto a qualche pregiudizio e a piccole fissazioni come ogni altra istituzione.
La storia ha fatto sollevare qualche sopracciglio, niente di più. Ma che ti aspetti se ti confronti
con
gentiluomini sedotti da vampiri, che hanno visto lupi mannari, combattuto streghe e parlato coi fantasmi?»
«Ma Dio e il Diavolo!» esclamai, ridendo. «David, quella è roba grossa. Forse sei stato oggetto d'invidia
da parte degli altri membri più di quanto non ti sia reso conto.»
«No, loro non hanno preso la storia sul serio», disse con una breve risata. «Sono sorpreso che l'abbia
fatto tu, a essere sincero.
»
D'un tratto si alzò, in preda a una certa agitazione, attraversò la stanza e raggiunse la finestra,
scostandone la tenda. Rimase lì, cercando di vedere fuori, nella notte satura di neve.
«David, qual era secondo te lo scopo di tale apparizione?»
«Non lo so», replicò con una nota di scoramento nella voce. «Questo è il punto per me: ho
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settantaquattro anni e non lo so. Morirò senza saperlo. E se non esiste nessuna illuminazione, allora
così
sia. Il che in sé è già una risposta, che io sia in grado di riconoscerla oppure no.»
«Perché non torni qui a sederti? Mi piace guardarti in faccia quando parli.»
Lui obbedì, quasi automaticamente. Tornò a sedersi e allungò la mano per prendere il bicchiere vuoto,
mentre lo sguardo andava
a posarsi di nuovo sul fuoco. «Cosa pensi, Lestat? Cosa c'è dentro di te, un
Dio o un Diavolo? Voglio la verità: tu in che cosa credi?»
Riflette! a lungo prima di rispondere. Quindi dissi: «Io penso che Dio esista. Non mi piace ammetterlo,
però è così. Forse esiste
anche il Diavolo, in alcune forme. Lo riconosco, è una questione
di pezzi
mancanti, come abbiamo detto. E in quel caffè di Parigi tu forse hai davvero visto l'Essere Supremo e il
suo avversario.
Ma fa parte del loro piano pazzesco il fatto che a noi resti comunque preclusa la
possibilità di comprendere. Tu vuoi una spiegazione attendibile per il loro comportamento? Vuoi sapere
perché ti hanno concesso quella rapida occhiata? Puntavano a un coinvolgimento di carattere religioso! È
il loro modo di giocare
con noi: seminano visioni, miracoli e frammenti di rivelazione
divina... Così noi,
tutti infervorati, andiamo a fondare una Chiesa. Tutto rientra nel loro piano e nell'incessante, eterno
dialogo
in cui sono impegnati. Penso inoltre che l'idea che ti sei fatto
di loro, di un Dio imperfetto e di
un Diavolo apprendista, sia valida come l'interpretazione di chiunque altro». Mi fissava assorto, ma non
replicò.
«No», continuai. «Non siamo destinati a conoscere le risposte.
Non sapremo mai se le nostre anime
trasmigrano da un corpo
all'altro attraverso la reincarnazione, se Dio ha creato il mondo, se Dio è Mah,
Yahweh, Shiva o Cristo. Perché lui dissemina
dubbi mentre elargisce rivelazioni. E noi siamo tutti suoi
giullari.»

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